

Gruppo Esplosivi
Nato solo qualche anno dopo quello degli atomici, è un gruppo di ragazzi dai 14 ai 17 anni, che una volta alla settimana si incontra presso l’oratorio di Santa Brigida per parlare, giocare, divertirsi insieme ma soprattutto per scoprire e condividere la bellezza di essere amati dal Signore che rende le nostre relazioni speciali, piene di amore e di verità.
Come dicono gli stessi ragazzi che ne fanno parte, il gruppo è qualcosa di più di una semplice comitiva, è sempre un luogo di incontro, comunione e condivisione ma alla base c’è l’amore cristiano che guida il nostro percorso di crescita e di maturazione.
Di fronte ai falsi ideali, valori e modelli proposti dalla nostra società, il gruppo offre agli adolescenti la possibilità di sperimentare, attraverso l’amicizia, la gioia di stare insieme e di conoscersi, l’amore che Dio dona ad ognuno di noi attraverso le altre persone.
Voglio riportare un lavoro che i ragazzi hanno fatto l’anno passato dopo il primo anno di esplosivi vissuto insieme:

Attraverso l’amicizia, così preziosa in quest’età, i ragazzi fanno esperienza della bellezza di condividere con l’altro il proprio mondo interiore, scoprendo le proprie ricchezze, qualità, talenti ma anche le debolezze e le paure che vanno conosciute ed affrontate.
Insomma il gruppo giovani è una gran bella realtà, è un’esperienza gioiosa, profonda e indimenticabile…………. quindi se sei un ragazzo di questa età devi assolutamente venirci a trovare ci incontriamo ogni mercoledì dalle 18.00 alle 20.00 in oratorio……….ti aspettiamo con gioia, vedrai che non te ne pentirai:-)!!!!!
– Angelica

Parlano i ragazzi………
“Il gruppo giovani: incontro di splendide amicizie…..momenti di riflessione, di condivisione di idee e pensieri ma anche momenti di svago e divertimento.
Nel gruppo ci si può confidare liberamente, si impara ad ascoltare, a conoscersi, a volere bene e a capire che anche nelle piccole cose vi è un sentimento profondo.
Il tema della religiosità non viene affrontato in modo pesante, come può succedere a catechismo, ma il gruppo ti aiuta a comprendere tante cose trattando di argomenti vicini a noi ragazzi.
Il nostro punto forte sono le uscite, due giorni di ritiro in cui viviamo esperienze indimenticabili, organizziamo giochi, la sera condividiamo le nostre idee intorno al fuoco, simbolo dello Spirito, questo è il momento serio e spesso il più bello!!!”
LE NOSTRE USCITE…
esperienze uniche, non ci sono parole per descriverle…
bisogna solo viverle!!
Il Patrono degli Esplosivi
San Filippo Neri (Firenze 26 maggio 1515 – Roma, 26 maggio 1595)

Fondò l’Oratorio che da lui ebbe il nome. Unì all’esperienza mistica, che ebbe le sue più alte espressioni specialmente nella celebrazione della Messa, una straordinaria capacità di contatto umano e popolare. Fu promotore di forme nuove di arte e di cultura. Catechista e guida spirituale di straordinario talento, diffondeva intorno a sè un senso di letizia che scaturiva dalla sua unione con Dio e dal suo buon umore. L’uomo che sarebbe stato chiamato “l’Apostolo della città di Roma” era figlio di un notaio fiorentino di buona famiglia. Ricevette una buona istruzione e poi fece pratica dell’attività di suo padre; ma aveva subito l’influenza dei domenicani di san Marco, dove Savonarola era stato frate non molto tempo prima, e dei benedettini di Montecassino, e all’età di diciott’anni abbandonò gli affari e andò a Roma. Là visse come laico per diciassette anni e inizialmente si guadagnò da vivere facendo il precettore, scrisse poesie e studiò filosofia e teologia. A quel tempo la città era in uno stato di grande corruzione, e nel 1538 Filippo Neri cominciò a lavorare fra i giovani della città e fondò una confraternita di laici che si incontravano per adorare Dio e per dare aiuto ai pellegrini e ai convalescenti, e che gradualmente diedero vita al grande ospizio della Trinità. Filippo passava molto tempo in preghiera, specialmente di notte e nella catacomba di san Sebastiano, dove nel 1544 sperimentò un’estasi di amore divino che si crede abbia lasciato un effetto fisico permanente sul suo cuore. Nel 1551 Filippo Neri fu ordinato prete e andò a vivere nel convitto ecclesiastico di san Girolamo, dove presto si fece un nome come confessore; gli fu attribuito il dono di saper leggere nei cuori. Ma la sua occupazione principale era ancora il lavoro tra i giovani. Sopra la chiesa fu costruito un oratorio in cui si tenevano conferenze religiose e discussioni e si organizzavano iniziative per il soccorso dei malati e dei bisognosi; là, inoltre, furono celebrate per la prima volta funzioni consistenti in composizioni musicali su temi biblici e religiosi cantate da solisti e da un coro (da qui il nome “oratorio”). San Filippo era assistito da altri giovani chierici, e nel 1575 li aveva organizzati nella Congregazione dell’Oratorio; per la sua società (i cui membri non emettono i voti che vincolano gli ordini religiosi e le congregazioni), costruì una nuova chiesa, la Chiesa Nuova, a santa Maria “in Vallicella”. Diventò famoso in tutta la città e la sua influenza sui romani del tempo, a qualunque ceto appartenessero, fu incalcolabile. Ma san Filippo non sfuggì alle critiche e all’opposizione: alcuni furono scandalizzati dall’anticonvenzionalità dei suoi discorsi, delle sue azioni e dei suoi metodi missionari. Egli cercava di restituire salute e vigore alla vita dei cristiani di Roma in modo tranquillo, agendo dall’interno; non aveva una mentalità clericale, e pensava che il sentiero della perfezione fosse aperto tanto ai laici quanto al clero, ai monaci e alle monache. Nelle sue prediche insisteva più sull’amore e sull’integrità spirituale che sulle austerità fisiche, e le virtù che risplendevano in lui venivano trasmesse agli altri: amore per Dio e per l’uomo, umiltà e senso delle proporzioni, gentilezza e gaiezza – “riso” è una parola che compare spesso quando si tratta di san Filippo Neri.
Patronato: Giovani
Etimologia: Filippo = che ama i cavalli, dal greco

Filippo Neri nasce a Firenze il 21 luglio 1515, e riceve il battesimo nel “bel san Giovanni” dei Fiorentini il giorno seguente, festa di S. Maria Maddalena.
La famiglia dei Neri, che aveva conosciuto in passato una certa importanza, risentiva allora delle mutate condizioni politiche e viveva in modesto stato economico. Il padre, ser Francesco, era notaio, ma l’esercizio della sua professione era ristretto ad una piccola cerchia di clienti; la madre, Lucrezia da Mosciano, proveniva da una modesta famiglia del contado, e moriva poco dopo aver dato alla luce il quarto figlio.
La famiglia si trovò affidata alle cure della nuova sposa di ser Francesco, Alessandra di Michele Lenzi, che instaurò con tutti un affettuoso rapporto, soprattutto con Filippo, il secondogenito, dotato di un bellissimo carattere, pio e gentile, vivace e lieto, il “Pippo buono” che suscitava affetto ed ammirazione tra tutti i conoscenti.
Dal padre, probabilmente, Filippo ricevette la prima istruzione, che lasciò in lui soprattutto il gusto dei libri e della lettura, una passione che lo accompagnò per tutta la vita, testimoniata dall’inventario della sua biblioteca privata, lasciata in morte alla Congregazione romana, e costituita di un notevole numero di volumi. La formazione religiosa del ragazzo ebbe nel convento dei Domenicani di San Marco un centro forte e fecondo. Si respirava, in quell’ambiente, il clima spirituale del movimento savonaroliano, e per fra Girolamo Savonarola Filippo nutrì devozione lungo tutto l’arco della vita, pur nella evidente distanza dai metodi e dalle scelte del focoso predicatore apocalittico.
Intorno ai diciotto anni, su consiglio del padre, desideroso di offrire a quel figlio delle possibilità che egli non poteva garantire, Filippo si recò da un parente, avviato commerciante e senza prole, a San Germano, l’attuale Cassino. Ma l’esperienza della mercatura durò pochissimo tempo: erano altre le aspirazioni del cuore, e non riuscirono a trattenerlo l’affetto della nuova famiglia e le prospettive di un’agiata situazione economica.
Lo troviamo infatti a Roma, a partire dal 1534. Vi si recò, probabilmente, senza un progetto preciso. Roma, la città santa delle memorie cristiane, la terra benedetta dal sangue dei martiri, ma anche allettatrice di tanti uomini desiderio di carriera e di successo, attrasse il suo desiderio di intensa vita spirituale: Filippo vi giunse come pellegrino, e con l’animo del pellegrino penitente, del “monaco della città” per usare un’espressione oggi di moda, visse gli anni della sua giovinezza, austero e lieto al tempo stesso, tutto dedito a coltivare lo spirito.
La casa del fiorentino Galeotto Caccia, capo della Dogana, gli offrì una modesta ospitalità – una piccola camera ed un ridottissimo vitto – ricambiata da Filippo con l’incarico di precettore dei figli del Caccia. Lo studio lo attira – frequenta le lezioni di filosofia e di teologia dagli Agostiniani ed alla Sapienza – ma ben maggiore è l’attrazione della vita contemplativa che impedisce talora a Filippo persino di concentrarsi sugli argomenti delle lezioni.
La vita contemplativa che egli attua è vissuta nella libertà del laico che poteva scegliere, fuori dai recinti di un chiostro, i modi ed i luoghi della sua preghiera: Filippo predilesse le chiese solitarie, i luoghi sacri delle catacombe, memoria dei primi tempi della Chiesa apostolica, il sagrato delle chiese durante le notti silenziose. Coltivò per tutta la vita questo spirito di contemplazione, alimentato anche da fenomeni straordinari, come quello della Pentecoste del 1544, quando Filippo, nelle catacombe si san Sebastiano, durante una notte di intensa preghiera, ricevette in forma sensibile il dono dello Spirito Santo che gli dilatò il cuore infiammandolo di un fuoco che arderà nel petto del santo fino al termine dei suoi giorni.
Questa intensissima vita contemplativa si sposava nel giovane Filippo ad un altrettanto intensa, quanto discreta nelle forme e libera nei metodi, attività di apostolato nei confronti di coloro che egli incontrava nelle piazze e per le vie di Roma, nel servizio della carità presso gli Ospedali degli incurabili, nella partecipazione alla vita di alcune confraternite, tra le quali, in modo speciale, quella della Trinità dei Pellegrini, di cui Filippo, se non il fondatore, fu sicuramente il principale artefice insieme al suo confessore P. Persiano Rosa.
A questo degnissimo sacerdote, che viveva a san Girolamo della Carità, e con il quale Filippo aveva profonde sintonie di temperamento lieto e di impostazione spirituale, il giovane, che ormai si avviava all’età adulta, aveva affidato la cura della sua anima. Ed è sotto la direzione spirituale di P. Persiano che maturò lentamente la chiamata alla vita sacerdotale. Filippo se ne sentiva indegno, ma sapeva il valore dell’obbedienza fiduciosa ad un padre spirituale che gli dava tanti esempi di santità. A trentasei anni, il 23 maggio del 1551, dopo aver ricevuto gli ordini minori, il suddiaconato ed il diaconato, nella chiesa parrocchiale di S. Tommaso in Parione, il vicegerente di Roma, Mons. Sebastiano Lunel, lo ordinava sacerdote.
Messer Filippo Neri continuò da sacerdote l’intensa vita apostolica che già lo aveva caratterizzato da laico. Andò ad abitare nella Casa di san Girolamo, sede della Confraternita della Carità, che ospitava a pigione un certo numero di sacerdoti secolari, dotati di ottimo spirito evangelico, i quali attendevano alla annessa chiesa. Qui il suo principale ministero divenne l’esercizio del confessionale, ed è proprio con i suoi penitenti che Filippo iniziò, nella semplicità della sua piccola camera, quegli incontri di meditazione, di dialogo spirituale, di preghiera, che costituiscono l’anima ed il metodo dell’Oratorio. Ben presto quella cameretta non bastò al numero crescente di amici spirituali, e Filippo ottenne da “quelli della Carità” di poterli radunare in un locale, situato sopra una nave della chiesa, prima destinato a conservare il grano che i confratelli distribuivano ai poveri.
Tra i discepoli del santo, alcuni – ricordiamo tra tutti Cesare Baronio e Francesco Maria Tarugi, i futuri cardinali – maturarono la vocazione sacerdotale, innamorati del metodo e dell’azione pastorale di P. Filippo. Nacque così, senza un progetto preordinato, la “Congregazione dell’Oratorio”: la comunità dei preti che nell’Oratorio avevano non solo il centro della loro vita spirituale, ma anche il più fecondo campo di apostolato. Insieme ad altri discepoli di Filippo, nel frattempo divenuti sacerdoti, questi andarono ad abitare a San Giovanni dei Fiorentini, di cui P. Filippo aveva dovuto accettare la Rettoria per le pressioni dei suoi connazionali sostenuti dal Papa. E qui iniziò tra i discepoli di Filippo quella semplice vita famigliare, retta da poche regole essenziali, che fu la culla della futura Congregazione.
Nel 1575 Papa Gregorio XIII affidò a Filippo ed ai suoi preti la piccola e fatiscente chiesa di S. Maria in Vallicella, a due passi da S. Girolamo e da S. Giovanni dei Fiorentini, erigendo al tempo stesso con la Bolla “Copiosus in misericordia Deus” la “Congregatio presbyterorm saecularium de Oratorio nuncupanda”. Filippo, che continuò a vivere nell’amata cameretta di San Girolamo fino al 1583, e che si trasferì, solo per obbedienza al Papa, nella nuova residenza dei suoi preti, si diede con tutto l’impegno a ricostruire in dimensioni grandiose ed in bellezza la piccola chiesa della Vallicella.
Qui trascorse gli ultimi dodici anni della sua vita, nell’esercizio del suo prediletto apostolato di sempre: l’incontro paterno e dolcissimo, ma al tempo stesso forte ed impegnativo, con ogni categoria di persone, nell’intento di condurre a Dio ogni anima non attraverso difficili sentieri, ma nella semplicità evangelica, nella fiduciosa certezza dell’infallibile amore divino, nella letizia dello spirito che sgorga dall’unione con Dio. Si spense nelle prime ore del 26 maggio 1595, all’età di ottant’anni, amato dai suoi e da tutta Roma di un amore carico di stima e di affezione.
La sua vita è chiaramente suddivisa in due periodi di pressoché identica durata: trentasei anni di vita laicale, quarantaquattro di vita sacerdotale. Ma Filippo Neri, fiorentino di nascita – e quanto amava ricordarlo! – e romano di adozione – tanto egli aveva adottato Roma, quanto Roma aveva adottato lui! – fu sempre quel prodigio di carità apostolica vissuta in una mirabile unione con Dio, che la Grazia divina operò in un uomo originalissimo ed affascinante.
“Apostolo di Roma” lo definirono immediatamente i Pontefici ed il popolo Romano, attribuendogli il titolo riservato a Pietro e Paolo, titolo che Roma non diede a nessun altro dei pur grandissimi santi che, contemporaneamente a Filippo, aveva vissuto ed operato tra le mura della Città Eterna. Il cuore di Padre Filippo, ardente del fuoco dello Spirito, cessava di battere in terra in quella bella notte estiva, ma lasciava in eredità alla sua Congregazione ed alla Chiesa intera il dono di una vita a cui la Chiesa non cessa di guardare con gioioso stupore. Ne è forte testimonianza anche il Magistero del Santo Padre Giovanni Paolo II che in varie occasioni ha lumeggiato la figura di san Filippo Neri e lo ha citato, unico dei santi che compaiano esplicitamente con il loro nome, nella Bolla di indizione del Grande Giubileo del 2000.